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Diario di viaggio a tema schizofrenia, allucinazioni, psichiatria, tribunali e soluzioni di recovery.

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Psicofarmaci: aggressività e violenza

Federico Bergna · 12/11/2018 · Leave a Comment

A volte l’uso degli psicofarmaci può indurre aggressività e violenza. Questo aspetto, pur non essendo la regola, deve essere tenuto in considerazione quando si intraprendere l’uso degli psicofarmaci.
La persona in trattamento, per l’effetto incantesimo del farmaco o Medication Spellbindig non si accorge di subire questo effetto, perciò anche le persone intorno a lei dovrebbero essere messe al corrente del possibile effetto collaterale, che si presenta soprattutto all’inizio dell’assunzione e alla sospensione, quando questa non viene gestita propriamente.

Dall’articolo: IL NESSO TRA PSICOFARMACI E VIOLENZA di Peter Breggin

“Sono fin troppi i casi in cui gli psicofarmaci causano o contribuiscono ad orrendi atti violenti.”

Le industrie farmaceutiche hanno compiuto grossi sforzi per impedire che la popolazione e i professionisti della salute vengano a sapere che gli antidepressivi possono provocare violenza e suicidio.

Joe Wesbecker aveva minacciato i suoi colleghi in passato, ma mai era stato violento. Nel 1989, Wesbecker fu messo in cura con il Prozac (fluoxetine). Un mese dopo cominciò ad accusare nervosismo e allucinazioni. Sospettando che la causa fosse il Prozac, il suo psichiatra sospese la cura. Due giorni dopo, con gran parte dei medicinali ancora nel suo organismo, un Wesbecker pesantemente armato entrò nel suo ex luogo di lavoro a Louisville, Kentucky, uccise otto persone e ne ferì molte altre.

Sopravvissuti e famigliari denunciarono la ditta Eli Lilly per negligenza nella commercializzazione del Prozac, e il caso andò a giudizio nel 1994. Un tribunale dell’Indiana e un gruppo di avvocati nominò me come perito per più di cento casi combinati contro la Eli Lilly, casi che riguardavano episodi di violenza e suicidi causati dal Prozac. Con quel ruolo, diventai perito scientifico e medico per il caso Wesbecker.

Il procuratore che si occupava del caso Wesbecker morì. La mia impressione fu che il sostituto facesse di tutto per scoraggiare ogni mio tentativo di aiutarlo a prepararsi per il processo. Teneva moltissime informazioni fuori dalla mia conoscenza e si rifiutava di rispondere al telefono. Ancora la sera prima del processo si rifiutò di parlare con me; frustrato, gli buttati tra le mani un mazzo di appunti preparati accuratamente e gli dissi: “O mi fa queste domande o perdiamo il processo.”

Quando il giorno dopo testimoniai, il procuratore cercò di soffocare alcune delle testimonianze più importanti che io avevo portato in appoggio alla sua causa contro la Eli Lilly. Alcuni giurati votarono a favore della negligenza della società, ma la Lilly vinse la causa con nove giurati a favore contro tre. Un altro voto contro e il verdetto sarebbe rimasto in sospeso. La Eli Lilly e la grande stampa parlarono del processo come se avesse esonerato per sempre il Prozac e la ditta.

Dopo il processo non riuscii a capire se l’avvocato del caso Wesbecker fosse incompetente o, come sospettava mia moglie Ginger, comprato dalla Eli Lilly per far cadere il caso. Il giudice di prima istanza, John Potter, scoprì successivamente che il processo era stato aggiustato.

Il giudice Potter rigettò il verdetto manipolato e lo cambiò in: sistemato dalla ditta farmaceutica “con pregiudizio”. Stavolta i giornali non riportarono l’incredibile svolta del caso. Anche se ne parlo a lungo nel mio libro del 2008, “Medication Madness” (Follia Terapeutica), a tutt’oggi il vero risultato del processo resta relativamente sconosciuto anche tra psichiatri e esperti legali.

Columbine

Nel 1999, Eric Harris e Dylan Klebold, massacrarono studenti e un membro della facoltà alla scuola superiore di Columbine, in Colorado. Io ero perito psichiatrico in alcuni casi attorno al massacro, nessuno dei quali andò a processo. Consultando la documentazione medica, scoprii che un anno prima Harris aveva cominciato a prendere l’antidepressivo Luvox, prima di cominciare ad avere grossi disturbi. Harris prese il Luvox per un anno, diventando sempre più violento e pieno d’odio. Dall’autopsia risultò che la quantità di Luvox nel sangue era significativa.

Un giorno un sedicenne di Manitoba, in Canada, affondò improvvisamente un coltello nel petto di uno dei suoi migliori amici, uccidendolo. Il giovane, che non aveva precedenti di violenza o di squilibri mentali, era stato messo in cura con il Prozac tre mesi prima dell’assassinio. Quando sua madre disse allo psichiatra che il Prozac stava facendo peggiorare suo figlio, il medico aumentò la dose. Diciassette giorni dopo, senza alcuna provocazione degna di nota, l’adolescente uccise il suo amico.

Aurora

Prima di compiere il massacro nel teatro di Aurora, in Colorado, nel 2012, James Holmes era stato messo sotto cura psichiatrica presso la clinica universitaria. Considerato che lo psichiatra che l’aveva in cura era preoccupato per la sua pericolosità, è quasi certo che Holmes fosse sotto l’effetto di psicofarmaci o in astinenza quando uccise.

A proposito del massacro di Newtown, non sappiamo se lo sparatore, Adam Lanza, prendesse psicofarmaci al momento della sparatoria, anche se un articolo del Washington Post del quattordici dicembre riporta la dichiarazione di un amico di famiglia secondo il quale Lanza “era in cura”. Secondo molti indizi, questa persona dalla vita appartata sarebbe stata in cura psichiatrica.

Da notare che tutti e cinque questi individui (Wesbecker, Harris, Holmes, Lanza e il giovane canadese) erano in terapia psichiatrica poco prima di aver commesso gli atti violenti. A questi si aggiunge lo sparatore del[l’istituto superiore] Virginia Tech, che era stato ricoverato in una clinica psichiatrica un anno prima che uccidesse i suoi compagni di classe.

Questi eventi confermano che il trattamento psichiatrico, con la sua tendenza a prescrivere medicine psicoattive, non impedisce affatto gli atti violenti. Al contrario, gli psicofarmaci contribuiscono a questi orrendi atti violenti. Le cure psichiatriche sono una causa, non una cura, della violenza di massa; cercare aiuto nel trattamento psichiatrico servirà solo a sviare l’attenzione dalle soluzioni che davvero funzionano.

Peter R. Breggin, del Maryland, è psichiatra e autore di molti libri, tra cui “Medication Madness” (2008), e articoli scientifici che parlano degli effetti negativi dei medicinali. Il suo ultimo libro del 2013 si intitola “Psychiatric Drug Withdrawal: A Guidebook for Prescribers, Therapists, Patients and their Families” (L’Astinenza da Psicofarmaci: Una Guida per Medici, Terapisti, Pazienti e le Loro Famiglie).

[Di Peter R. Breggin. Articolo originale pubblicato su Variety il 26 aprile 2013 con il titolo Scrutinizing violence’s ties to antidepressants. Traduzione di Enrico Sanna.]

AVVISO PER IL LETTORE: tutti gli articoli presenti su questo sito, non vengono realizzati da alcun nostro autore (ad eccezione degli articoli sotto la categoria “storytelling”. Ci limitiamo nel riportare su questo sito, materiale informativo reperito in rete citando la fonte di provenienza. Avvisiamo quindi il lettore nel valutare con distacco le informazioni qui reperibili in quanto non possiamo garantire la veridicità delle informazioni riguardo le fonti di provenienza.

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I sintomi psicotici come le allucinazioni e le illusioni, hanno molto spesso origine da sentimenti di umiliazione.

Federico Bergna · 12/11/2018 · Leave a Comment

Dal libro “La sospensione degli psicofarmaci“, di Peter Breggin.

Allucinazioni, illusioni e altre esperienze psicotiche sono reazioni al sentirsi
completamente alienato dagli altri esseri umani. La radice emotiva è quasi sempre una grave umiliazione a causa della quale l’individuo si sente totalmente inutile e quasi inesistente.

La psicosi è guidata da terribili emozioni associate a traumi e disperazione in relazione ad altri esseri umani. L’individuo ferito si ritira in un incubo privato. Le fantasie sostituiscono i rapporti della vita reale.

Gli individui immersi nella psicosi possono spesso provare sollievo nel giro di pochi minuti relazionandosi con qualcuno che li prende sul serio ed è abile nella creazione di rapporti onesti e fiduciosi.

Il terrore della persona e l’umiliazione devono essere presi seriamente e non minimizzati e i sentimenti di pericolo devono essere considerati emotivamente reali.

Più il terapeuta appare a suo agio in presenza del paziente con sintomi psicotici e accoglie le comunicazioni apparentemente bizzarre e scandalose, più il paziente sarà quasi sempre meno spaventato e più fiducioso e i sintomi tenderanno a placarsi davanti agli occhi del terapeuta.

Naturalmente, questi sintomi molto probabilmente si ripeteranno, forse anche durante la seduta, ma il paziente avrà cominciato a imparare a superarli relazionandosi con voi.

Con il nostro atteggiamento e con le nostre parole stiamo comunicando alla persona altamente disturbata:

“Resisti con me. Siediti con me per un po’.
Saremo in grado di capire tutto questo e di andare oltre, verso un posto migliore”.

L’obiettivo “posto migliore” è fondamentale. Gli individui che sono diventati psicotici hanno lasciato una realtà a cui non vogliono tornare.
Aiutateli a vedere che possono cercare e creare un modo di vivere migliore.

Le persone che hanno episodi definiti come “schizofrenici” sono quasi sempre in lotta con crisi spirituali (Breggin 1991).
Se le incoraggiate a parlare e a cercare il significato delle allucinazioni e dei deliri, troverete anime molto sensibili e auto-consapevoli che lottano con ciò che appare loro un buco nero spirituale privo di ragione, amore, cura e giustizia.

In realtà, è la forza della loro immaginazione e della loro creatività ferita che li fa apparire “pazzi” piuttosto che semplicemente depressi, ansiosi o ossessivo-compulsivi.

La psicosi è come una poesia spezzata: un ultimo luogo metaforico dell’anima flagellata in isolamento e umiliazione.

Queste persone desiderano qualcuno che le prenda seriamente ed esplori i loro pensieri e le loro emozioni, a volte contorti, senza umiliarli con diagnosi e senza dir loro che non possono gestire la loro vita senza psicofarmaci.

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Kelly Brogan: perché dismettere antipsicotici e antidepressivi

Federico Bergna · 12/11/2018 · Leave a Comment

Articolo redatto da Kelly Brogan. Articolo originale in inglese: https://kellybroganmd.com/stop-madness-coming-psych-meds/

Kelly Brogan, psichiatra olistico, medicina funzionale.

Smettiamola con questa pazzia: come e perchè dismettere antipsicotici e antidepressivi.

Quando è iniziata la follia.

“Ho passato gran parte della mia vita a sentirmi male senza una vera diagnosi. Sono sempre stata piccola anche da bambina. Mi faceva sempre male lo stomaco. Ho avuto la diarrea costantemente. Ma è stato al mio episodio al college che tutto è andato in discesa.”

Reilly, ora una donna di 42 anni, è disabile e passa la maggior parte del tempo a casa, a letto, a guardare la tv. L ‘”episodio” al college fu accelerato da una rottura romantica e dall’uso di alcol e marijuana che portarono a diversi giorni di allucinazioni visive e paranoia. A causa della sua lunga storia di umore basso, è stata etichettata con disturbo bipolare e ha iniziato con 7 farmaci (sì, 7) durante il suo primo ricovero in ospedale. Da quel momento, ha assunto la maggior parte degli stabilizzatori dell’umore e degli antipsicotici sul mercato e ha guadagnato la nuova diagnosi di disturbo schizoaffettivo. È scivolata lentamente fuori dalla sporgenza della sua precedente esistenza funzionale, ha guadagnato 30 chili e ha pochi contatti sociali.

Ecco invece Sara:Sara ha perso il peso della gravidanza in tre settimane e si sentiva come se potesse affrontare il mondo. Fu solo nove mesi dopo il parto che si sentì come se fosse stata investita da un camion. Era pigra, smemorata, aveva iniziato ad ingrassare, a perdere i capelli – non solo i tipici sintomi post partum – e aveva difficoltà ad avere un movimento intestinale anche due volte a settimana. Si sentiva così sopraffatta che sapeva che c’era qualcosa che non andava in lei. In una visita di 15 minuti, uno psichiatra le assicurò che sapeva esattamente cos’era. Le ha detto che aveva una depressione postpartum e le ha dato una prescrizione per Paxil. Entro due settimane, Sara ricorda che ha pianificato un tentativo di suicidio. Ha redatto una lettera e ha pianificato di saltare fuori dalla sua finestra. Non aveva mai provato questi sentimenti prima e affermò, “Improvvisamente aveva senso. Mi sentivo calma e sicura “.

Un tentativo contrastato, due cambi di farmaci e tre anni dopo, le viene detto che non potrà mai vivere senza Lexapro e Klonopin.Entrare nell’industria psichiatrica. Questi e milioni di altri pazienti si trovano intrappolati nella rete della stregoneria psichica – un incantesimo maledetto, potenzialmente per la vita. Viene detto loro che hanno squilibri chimici. Viene detto loro che la cosa più importante che possono fare da soli è “prendere le loro medicine” e che dovranno farlo “per tutta la vita”.

Una psichiatra, Joanna Moncreiff, professore all’Università a Londra afferma:Simbolicamente, i farmaci suggeriscono che il problema è all’interno del cervello e il benessere dipende dal mantenimento dell’equilibrio chimico con mezzi artificiali. Questo messaggio incoraggia i pazienti a considerarsi imperfetti e vulnerabili e potrebbe spiegare gli esiti negativi della depressione trattata negli studi naturalistici. “Questi pazienti hanno sofferto una crisi di resilienza.Lo stress della loro esperienza di vita ha superato quello che le loro risorse biopsicosociali potevano sostenere. I medici non chiedono PERCHÉ si sono ammalati quando lo hanno fatto. Non stanno esplorando le cause principali.

Non stanno discutendo alternative basate sull’evidenza al trattamento farmacologico. E non stanno rivelando i rischi a lungo termine di farmaci psicotropi, tra cui peggioramento dell’esito funzionale e aumento del rischio di recidiva. Per non parlare della scarsa integrità, dei dati finanziati dal settore e manipolati che supportano l’approvazione per l’efficacia di questi farmaci.Soprattutto, ai pazienti viene venduta la convinzione che i farmaci curino la loro malattia piuttosto che indurre un effetto farmacologico, non diverso da quello dell’alcool o della cocaina. Ad esempio, che gli antidepressivi e gli antipsicotici abbiano effetti come la sedazione o la indifferenza affettiva non è in discussione. Che questi effetti siano reversibili dopo l’esposizione a lungo termine invece lo è.

C’è una porta di uscita per dismettere gli psicofarmaci?
Se una singola dose di un antidepressivo può modificare l’architettura del cervello in modi che non abbiamo la scienza per capire, quali sono i risultati di un uso cronico a lungo termine?Cosa succede quando i pazienti vogliono smettere? Quando non sono contenti del trattamento? Quando apportano cambiamenti sufficienti nelle loro vite per supportare un nuovo approccio? Come ha affermato lo psichiatra e attivista Peter Breggin, i programmi di astinenza dai farmaci rappresentano l’intervento più urgente nel campo della psichiatria. Non ho mentori. Ho pochi colleghi con la stessa mentalità. La maggior parte di ciò che ho imparato sull’astinenza da farmaci psichiatrici, l’ho imparato dai pazienti e dall’esperienza clinica. Mi è stato insegnato a sminuire le preoccupazioni dei pazienti preoccupati di diventare “dipendenti” dagli psicofarmaci e di negare la possibilità che ci siano sintomi da dismissione prolungati, descrivendolo solo come una prova del chiaro “bisogno” di quel paziente per un trattamento farmacologico permanente.Non mi è mai stato insegnato come dismetterli.

Nella prima revisione sistematizzata dei prelievi SSRI, Fava et al. hanno esaminato 23 studi e 38 casi clinici che li hanno portati a concludere che il termine eufemistico “sindrome da discontinuazione” deve essere abbandonato e al suo posto deve essere usato un termine che descrive più accuratamente le qualità formanti abitudini degli antidepressivi – dismissione. Sì, proprio come Xanax, Valium, alcool ed eroina.
In relazione allo stato di Chouinard e Chouinard: i pazienti possono sperimentare nuovi sintomi classici, sintomi di rimbalzo e / o persistenti disturbi post-prelievo, o recidiva / ricorrenza della malattia originale. I sintomi nuovi e di rimbalzo possono manifestarsi fino a 6 settimane dopo l’interruzione del farmaco, a seconda dell’emivita di eliminazione del farmaco, mentre persistenti disturbi post-dismissione o tardivi associati a cambiamenti prolungati del recettore possono persistere per più di 6 settimane dopo l’interruzione del farmaco.

In un raro esempio di documentazione clinica sugli approcci ai pazienti che stanno dismettendo i farmaci, il dott. Jonathan Prousky, compila esempi di casi di conicità che hanno portato a risultati diversi.
Intitolato “Riduzione dei farmaci psicotropi: uso dei casi dei pazienti per comprendere le ragioni del successo e dell’insuccesso”, descrive in dettaglio il suo approccio a questi casi complessi.

Egli supporta la revisione dei pazienti della loro esperienza di malattia mentale, la loro cura di sé e un programma di dosaggio attento che comporta la riduzione dei farmaci e l’uso di agenti naturali come la nicotinammide (B3), botanici come rhodiola rosea, melatonina e amminoacidi come GABA e l-theanine.

Siamo d’accordo sul fatto che non vi è alcun integratore magico, e che gli agenti che promuovono il sistema nervoso parasimpatico o di rilassamento e la modulazione di porte cerebrali eccitatorie chiamate recettori NMDA.
Magnesio, N-acetilcisteina, taurina e glicina sono tutti modulatori naturali.Dismissione da antidepressivi, antipsicotici e altri psicofarmaciIn primo luogo, trovare la causa.

Il modo migliore per promuovere la resilienza è riportare un segnale di sicurezza alla mente e al corpo. La premessa della “paleo-deficienza” si sta facendo strada nella letteratura, e la rilevanza della dieta *, l’esposizione al verde, il ciclo della luce durante il giorno e la notte e il movimento stanno accumulando una letteratura che supporta l’efficacia e la rilevanza dello stile di vita.Con i miei pazienti, non tocchiamo i farmaci fino a quando non abbiamo iniziato 30 giorni di cambiamento dietetico. Questa dieta riduce al minimo gli alimenti antigenici come il glutine e i latticini, aumenta i grassi naturali fondamentali per la stabilità dello zucchero nel sangue e premia l’approvvigionamento di cibo e l’eliminazione di OGM e pesticidi cancerogeni e dannosi per l’endocrino.Il cambiamento della dieta è un mezzo potente – se non il più potente – per potenziare il microbioma e la segnalazione tra cervello e intestino. Infatti, nel caso di Reilly ci sono prove convincenti a sostegno del ruolo dell’intolleranza al glutine nella malattia psicotica. L’eliminazione precoce del glutine e dei cross-reagenti come i latticini avrebbe potuto, senza esagerare, cambiare il corso della vita di Reilly.

Spesso fantastico su un ipotetico reparto psichiatrico ospedaliero in cui sono serviti cibi organici ancestrali, vengono insegnate la meditazione e la risposta al rilassamento, il sonno è supportato e l’esercizio incoraggiato. Mi piacerebbe un trial randomizzato di risultati come mezzo per decostruire il modello malattia uguale pillola. Ci sono casi come quelli di Sara che sono vicini e cari al mio cuore a causa della mia esperienza personale con la tiroidite postpartum come pretendente psichiatrico.

Sì, quando gli psichiatri non conoscono la psiconeuroimmunologia, non testano i biomarcatori e non la trattano. Sara ha avuto i sintomi classici di questa comune malattia autoimmune causata da cambiamenti immunitari e fattori scatenanti ambientali dopo il parto. È stata anche potenzialmente fatalmente vittima dei noti effetti promuoventi il suicidio degli antidepressivi, in particolare in questa popolazione. Questo è stato solo l’argomento di tre studi randomizzati controllati con placebo nella storia del tempo, la cui analisi non supporta l’efficacia.In questi e nella maggior parte dei casi, i sintomi psichiatrici sono proprio questo: i sintomi. Sono la prova che il corpo e la mente stanno lottando. A mio parere, medicare questi sintomi equivale a vedere che qualcuno sta zoppicando lentamente lungo la strada e li lega alla parte anteriore di una macchina da corsa per farli muovere più velocemente. Ci deve essere un modo migliore.
Quindi, iniziare la dismissione.

Ho imparato che la partnership del team di trattamento è fondamentale e che i risultati più ottimali derivano dal cambiamento dello stile di vita, da un’attenta gestione delle riduzioni del dosaggio e dal supporto strategico attraverso i nutraceutici. Questo video di Will Hall descrive passi importanti nella definizione dell’esperienza della dismissione da farmaci. La maggior parte dei pazienti e degli operatori di supporto sanno che i dosaggi resi disponibili dalle aziende farmaceutiche sono, non sorprendentemente, non favorevoli ad una dismissione di successo. Preparati liquidi, farmacie e anche la rimozione meticolosa di perline da capsule sono strumenti indispensabili di lavoro.

Prousky scrive:Un utile barometro del potenziale successo riguarda la durata dell’uso di psicofarmaci. In un rapporto, i pazienti che assumevano psicofarmaci per meno di sei mesi hanno avuto maggiore successo nella dismissione (81%), rispetto ai pazienti con più di 5 anni (44%) e pazienti che li assumevano tra sei mesi e 5 anni (un po ‘ oltre 50%). Per migliorare le probabilità di un esito positivo, il piano di dismissione dovrebbe coinvolgere uno psicofarmaco alla volta e ridurre lo psicofarmaco con l’emivita di eliminazione più lunga prima. I farmaci con emivita di eliminazione più lunga (vale a dire più di 24 ore) sono più facili da togliere poiché le loro reazioni di astinenza tendono ad essere meno gravi rispetto ai farmaci con emivite di eliminazione più brevi (cioè meno di 24 ore).

Farò spesso una riduzione “dose-iniziale” leggermente più grande per valutare la sensibilità agli effetti di astinenza, che se tollerata può accelerare il processo, a volte per anni.Il rischio di recidiva è spesso correlato alla natura degli effetti che il farmaco ha sul cervello e sul corpo. Nella mia esperienza, l’agitazione, l’ansia e l’insonnia sono i sintomi più comuni di astinenza che possono manifestarsi entro poche ore dalla variazione della dose, o qualche volta dopo diversi mesi dalla dose finale. Possono risolversi spontaneamente o possono diminuire. Il danno a lungo termine derivante da questi farmaci è un fenomeno reale e scarsamente comprensibile al di fuori dei racconti dei pazienti e dei gruppi di sostegno tra pari. I pazienti sono raramente sbagliati.Infine, cambia idea.

La paura è il nemico della salute. La paura è ciò che porta la gente dagli psichiatri, spinge i pulsanti 118 del telefono e guida una sensazione di disperazione impotente. Come guaritori, abbiamo l’opportunità di affrontare questa paura con compassione ed equanimità. Possiamo mettere da parte la nostra ossessiva preoccupazione per l’intervento reattivo e l’assistenza basata sulla responsabilità, e tollerare ciò che è scomodo dell’angoscia di un paziente. Dobbiamo farlo perché i dati supportano il fatto eclatante che l’attuale paradigma dell’intervento basato sui farmaci sta fallendo e che è pericoloso.

Credo nel trasferire un senso di empowerment ai miei pazienti. Aiutandoli ad accedere a un entusiasmo vitale per questa opportunità di conoscere la propria agenzia ed efficacia nel loro percorso di salute. Parlo loro di questo processo come di una rinascita. Di un risorgere dalle ceneri e di un passo intenzionale verso la completezza e la vita radiosa. Perché la salute è molto più che l’assenza di pillole o lo sbiadimento di una lista di diagnosi. La salute è liberazione. Credo che questo sia un diritto umano fondamentale.

Note:

Kelly Brogan riconosce, con grande compassione, che questo è un argomento impegnativo per le molte persone che prendono la difficile decisione di iniziare il trattamento con farmaci psichiatrici. Tutti i pazienti devono ricevere le informazioni più complete e accurate su questi farmaci, compresi gli effetti collaterali (rischio di dipendenza, violenza, impulsività, ecc.), L’importanza di ridurre gradualmente i farmaci, gli incentivi istituzionali per medici, educatori e altri a difendere il loro uso e la disponibilità di efficaci modalità di trattamento non farmaceutiche che possano affrontare le cause profonde della malattia mentale e dei problemi comportamentali. Quello che segue qui è una discussione di passi che l’autore ritiene debbano essere presi in previsione di qualsiasi conteggio del farmaco, e il cono successivo dovrebbe essere gestito da un professionista esperto. Nonostante queste considerazioni, alcuni pazienti potrebbero non essere in grado di dismettere il che, secondo Brogan la dice lunga sull’importanza del vero consenso informato prima dell’inizio del trattamento. Questo blog non è un consiglio medico e non sostituisce la consultazione con un professionista medico qualificato di tua scelta.

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