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Diario di viaggio a tema schizofrenia, allucinazioni, psichiatria, tribunali e soluzioni di recovery.

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emozioni

GIORNO 34: connessione tra emozioni e parole

Federico Bergna · 12/11/2018 · Leave a Comment

Il viaggio di Apollo continua inesorabile con dei progressi positivi davvero inaspettati. Il giorno 34 di questo viaggio verso la terra, dal distacco dal suono lunare, voglio dedicarlo ad un dialogo che ho avuto con Apollo e che potrà aiutare certamente tutte le persone che stanno cercando di aiutare “pazienti” che attualmente assumono anti psicotici, anti depressivi, ansiolitici.

In una discussione con Apollo, mi ritrovai ad approfondire meglio, cosa volessero dire le parole da lui pronunciate “mi sento stanco fisicamente”.

Alla domanda “perché ti senti stanco fisicamente?” la risposta fu: “perché voglio andare a dormire”. Era chiaro che in quel momento, Apollo non volesse aggiungere ulteriore stress che stava vivendo in quel preciso istante. Decisi però di fare fare un passo in più perché ritenevo fosse importante iniziare a fargli capire che, quando comunica qualcosa ad una persona, poteva iniziare anche ad usare più terminologie per descrivere il suo stato fisico o psicologico.

Alla risposta “perché voglio dormire” chiesi poi esattamente se si sentisse debole fisicamente, se non avesse forze. Al ché, a questa specifica domanda, Apollo rispose:

“mi sento stanco fisicamente, mi sento debole. Però anche psicologicamente mi sento stanco”.

Iniziava in lui una breccia di auto analisi. Distinguere tra essere “stanco fisicamente” e “stanco psicologicamente”, sono due facce della stessa medaglia (psicosomatica) ma saper iniziare a comunicare in modo diverso, porta diametralmente a risultati diversi.

Se ai più delle persone, questa differenza potrebbe sembrare di poco conto, essendo questi due aspetti complementari, questa differenza nel comunicare il proprio stato d’animo è incontrovertibilmente fondamentale per capire determinati aspetti interiori del paziente.

Un grosso impiccio per questo genere di pazienti che assumono da anni antipsicotici, antidepressivi ed ansiolitici, consiste nel NON riconoscere più cosa è sintomatologia psichica e fisica. Di conseguenza, i termini e le parole usate da queste persone, diventano molto basilari e riconducono ad identiche parole, più emozioni tra loro anche contrastanti nel significato. Esempio:

– quando il paziente dice “ansia”, potrebbe invece voler esprimere “preoccupazione”;
– quando il paziente dice “paura di svenire”, potrebbe invece voler esprimere un vero e proprio problema che sono delle perdite di equilibrio in forte stress;
– quando il paziente dice “mi sento eccitato”, potrebbe invece voler esprimere “paura di essere troppo felice per qualcosa” e se ciò è un bene o un male e comporta magari delle conseguenze…

Dopo anni di psicofarmaci, un vero e proprio dramma prende piede quando il paziente, si ritrova a che fare con professionisti che interpretano alla lettera la comunicazione di questi pazienti. Quando poi si tenta di andare in profondità per sincerarsi di ciò che vuole esprimere il paziente, inizia una comunicazione tra professionista e paziente del tutto “viziata” da condizionamenti reciproci nel dialogo stesso.

Personalmente ho constato sul campo, che i migliori risultati si ottengono con… il silenzio. A domanda, segue una risposta. Alla risposta, dovrebbe poi seguire un’altra domanda, per procedere, da una qualsiasi delle due parti. Ma se tra una domanda e l’altra permettiamo al “paziente” di ascoltare il silenzio, di ascoltare le proprie e le nostre pause, nascono dei dialoghi nuovi. Spesso totalmente differenti nel significato dei concetti che di primo impatto si volevano esprimere.

Ognuno di noi dialoga continuamente con una propria voce interiore. Se tu stesso provi a NON pensare per più di 10 secondi, ti accorgerai di quanta fatica fai a NON pensare.

E’ quindi importante dialogare a tu per tu considerando nel proprio interlocutore, quali siano le pause e i silenzi necessari per dar modo alla coscienza (o all’incoscienza) degli interlocutori di “emergere fuori” con parole autentiche.

Per fare questo serve tempo e il tempo, al giorno d’oggi, è merce rara. E comunque, facciamolo con il sorriso. Facciamolo con leggerezza. Facciamo sorridere gli occhi quando parliamo, se sentiamo di farlo. Prendiamoci anche in giro, usiamo l’auto ironia senza però essere banali. Sforziamoci di parlare delle nostre paure e delle nostre angosce pensando che “un problema” è tale fin quando lo collochiamo su di una linea temporale.

Se da piccolo cadi dalla bici e ti rompi un polso, hai un problema fino a quando non arriva qualcuno che ti dice che potrai guarire. Ma se arriva qualcuno che ti dice “non potrai mai più guarire perché quel polso non ritornerà mai più come prima” allora quel bambino non tenterà più nemmeno di mettere il culo in sella.

La vita è semplice, cerchiamo di non complicarcela più del necessario. Da adulti non è facile, ma ci si può provare.

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GIORNO 14: come puoi essere sicuro di fare la cosa giusta?

Federico Bergna · 12/11/2018 · Leave a Comment

Oggi 25 Agosto 2018, io, Sara e Apollo continuiamo il viaggio verso Terra dopo il distacco dal suolo lunare. Oggi è un giorno particolarmente difficile per me perché sono ben conscio che le scelte che farò, richiederanno uno sforzo notevole per coinvolgere e far capire, senza per questo essere sostitutivo o impositivo.

Allora mi chiedo il significato di “scelta”. Scelta è cambiamento ed ogni cambiamento porta conseguenze. Da qui dipende tutto. Tutto dipende dal nostro approccio che abbiamo alle conseguenze e sono arrivato ad unica conclusione. E’ necessario profondamente capire, cosa può essere giusto per un’altra persona oppure cosa non essere giusto. Qui siamo ad un livello oltre. Non stiamo decidendo cosa è giusto o cosa non è giusto per noi stessi. Stiamo valutando, decidendo, comprendendo, cosa si può fare per migliorare la vita di un’altra persona perché questa persona, si dimentica spesso gli strumenti adatti per decidere.

La cosa più saggia da fare, a rigore di logica, sarebbe fare una conversazione sincera con l’interessato (Apollo) e… CHIEDERGLIELO!

“Apollo, di che cosa secondo te avresti bisogno per poter ritornare ad essere felice?”

E’ necessario cambiare un modello. E’ necessario capire che per poter cambiare la vita di una persona che dimentica le abilità necessarie di scelta, bisogna interloquire con questa persona e capire cosa vuole veramente questa persona per il suo benessere.

E’ veramente difficile entrare nella psiche di un uomo dove, per moltissimi anni, la sua esperienza di vita è stata relegata a:

– colazione
– prendo le pastiglie
– vado in cooperativa la mattina per imbustare tutta la mattina pezzettini pre-lavorati in bustine di plastica.
– se è Sabato, giorno libero, dopo le pastiglie del mattino faccio un giretto di un oretta vicino a casa.
– ore 12 mangio.
– ore 14 prendo pastiglie.
. ore 14,30 torno a dormire fino alle 17,30 perché con quello che ho in corpo, non ho alternative di mia iniziativa.
– ore 17,30 mi sveglio perché così ho tirato la giornata.
– ore 19,30 mangio.
– ore 20:00 prendo le pastiglie.
– guardo un pò di tv.
– ore 21:00 in punto vado a letto.

e via da capo, PER ANNI. Da pochi mesi, con alcune varianti con operatore sociale settimanale per spezzare la routine quotidiana pomeridiana. A proposito di operatore… esperienza fin ora molto positiva in quanto il ragazzo arriva da esperienze e formazione esterna ai CPS e ai clinici in generale. Tuttavia dopo diversi mesi, non noto margini di miglioramento nella relazione. La solita situazione… se c’è il soggetto, gli fa piacere, senza alcun entusiasmo. Se non dovesse esserci, indifferenza totale se non addirittura il più delle volte, sollievo perché così può riposare. Ma per ora va bene così. Piuttosto che niente, meglio qualcosa.

Le uniche varianti significative a livello di esperienza ed emozioni, sono la domenica quando io e Sara riusciamo a riportarlo per brevi istanti a Terra.

Ora… il nostro progetto, è trovare un immobile con due appartamenti indipendenti per andare a vivere tutti e tre assieme ma c’è un problema. Apollo ha “un cerchio magico” a livello di distanza chilometrica da casa che se lo supera, va in crisi di panico. Questo è un cerchio indicativamente di 15/20 km da dove abita.

Oltre questo riferimento c’è il panico.

Siamo riusciti ultimamente con delle tappe, a farlo allontanare da casa con degli step, in posti e luoghi che frequentava quando stava bene prima di assumere farmaci, anni fa.

Siamo riusciti anche nell’enorme impresa, di portarlo ad 80 km da casa, in vacanza per un settimana al lago, dove per brevi istanti, è letteralmente rinato tornando ad essere ciò che era da ragazzino.

Ma la vita è altro. La quotidianità è altro. Le scelte da prendere sono veramente difficili. La scelta più ardua, è capire non tanto cosa vuole veramente Apollo per la sua felicità ma sincerarsi totalmente se ciò che esprime, è ciò che realmente vuole e se ha ancora dentro di sé la forza, per pensare ad un futuro diverso dimenticandosi ciò che è stato il passato, vivendo il presente.

Glielo chiederò, e spero di avere delle risposte.

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