• Passa alla navigazione primaria
  • Passa al contenuto principale
  • Passa alla barra laterale primaria
APOLLOUNDICI.org

APOLLOUNDICI.org

Diario di viaggio a tema schizofrenia, allucinazioni, psichiatria, tribunali e soluzioni di recovery.

  • HOME
  • DIARIO
  • PROGETTI E RISORSE
  • NEWS DALLA RETE
  • LIBRI ED EBOOK
  • CONTATTI
  • Show Search
Hide Search

depressione

Gli antidepressivi possono in alcuni casi indurre stati di mania i quali vengono erroneamente diagnosticati come disturbo bipolare e trattati con nuove classi di psicofarmaci

Federico Bergna · 15/03/2019 · Lascia un commento

Dall’articolo in link: https://www.farmacovigilanza.eu/content/antidepressivi-e-disturbo-bipolare
ANTIDEPRESSIVI E DISTURBO BIPOLARE

Focus Farmacovigilanza 2015;91(11):5

L’uso di farmaci antidepressivi sembra associarsi nel tempo a un AUMENTO del RISCHIO di MANIA e di DISTURBO BIPOLARE.

Un gruppo di medici britannici ha disegnato uno studio di coorte basato sui dati contenuti nel database sanitario elettronico del South London and Maudsey National Health Service Trust, che si occupa della gestione dei soggetti con malattia mentale, incrociandoli con le prescrizioni di farmaci antidepressivi.1

In totale sono stati considerati 21.012 pazienti che si erano presentati a una struttura del Servizio tra l’aprile 2006 e il marzo 2013 a causa di una depressione unipolare.

L’esito primario dello studio era il tempo necessario alla comparsa di mania o di un disturbo bipolare dalla data di diagnosi di depressione unipolare.

Dall’analisi dei dati è emersa un’incidenza globale di mania/disturbo bipolare pari a 10,9/1.000 anni-persona, con un’incidenza maggiore nella fascia di età tra i 26 e i 35 anni (12,3/1.000 anni-persona).

L’uso in precedenza di un farmaco antidepressivo si associava in effetti a un’incidenza aumentata di mania/disturbo bipolare (da 14,1 a 19,1 per 1.000 anni-persona).

L’analisi multivariata, che ha analizzato le varie classi di farmaci ha confermato l’associazione indicando dati statisticamente significativi per gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (hazard ratio 1,34, limiti di confidenza al 95% da 1,18 a 1,52) e per la venlafaxina (hazard ratio 1,35, limiti di confidenza al 95% da 1,07 a 1,70).

Anche se per il momento non si può stabilire una relazione di causa ed effetto, trattandosi di uno studio osservazionale, i dati sembrano far emergere un’associazione tra uso degli antidepressivi per il trattamento di una forma unipolare e successivo sviluppo di una forma bipolare.

Nella pratica quindi la terapia con questi farmaci va seguita attentamente e occorre saper cogliere per tempo eventuali viraggi verso la mania o la forma depressiva bipolare.

Bibliografia:
Brit Med J Open 2015;DOI:10.1136/bmjopen- 2015-008341). CDI

Condividi su:

Togliere gli psicofarmaci dopo 14 anni di assunzione.

Federico Bergna · 12/11/2018 · Lascia un commento

L’articolo parla di una ragazza che è riuscita a dismettere un gran numero di psicofarmaci dopo 14 anni di assunzione.
Spiega che all’inizio aveva cominciato con Prozac per una depressione e al tentativo di dismetterlo ha avuto i classici sintomi da dismissione, compreso il pensiero di suicidarsi.

La ragazza spiega che questi sintomi spesso non vengono considerati come la conseguenza del trattamento farmacologico, ma vengono visti come un acutizzarsi dei sintomi psicotici che avevano fatto intraprendere l’uso di psicofarmaci e quindi trattati con altri psicofarmaci.
L’autore del blog spiega come sia importante, per uscirne, pensare che non è il cervello che non funziona come dovrebbe, ma riconoscere l’effetto iatrogeno (cioè causato dal farmaco) nei sintomi psicotici.

La dismissione deve essere lenta e graduale, sotto controllo di un medico esperto ed accompagnata da una psicoterapia per risolvere i problemi che avevano portato al disagio iniziale.

Fonte autore e articolo originale: VAI ALL’ARTICOLO

AVVISO PER IL LETTORE: tutti gli articoli presenti su questo sito, non vengono realizzati da alcun nostro autore (ad eccezione degli articoli sotto la categoria “storytelling”. Ci limitiamo nel riportare su questo sito, materiale informativo reperito in rete citando la fonte di provenienza. Avvisiamo quindi il lettore nel valutare con distacco le informazioni qui reperibili in quanto non possiamo garantire la veridicità delle informazioni riguardo le fonti di provenienza.

Condividi su:

Di Robert Whitaker: gli psicofarmaci rappresentano un problema per il superamento dei disturbi psichici.

Federico Bergna · 12/11/2018 · Lascia un commento

Ecco un breve riassunto della conferenza di ROBERT WHITAKER a Reggio Emilia.

Robert Whitaker ha spiegato che gli psicofarmaci rappresentano un problema per il superamento dei disturbi psichici.
Ha spiegato che alla base di tali disturbi, quali depressione e schizofrenia, non c’è uno squilibrio chimico del cervello e che lo psicofarmaco, pertanto, non cura nessuno squilibrio.

La teoria dello squilibrio serve alle case farmaceutiche per la promozione degli psicofarmaci, ma è priva di basi scientifiche.

Al contrario, lo psicofarmaco quando agisce crea uno squilibrio chimico, in quanto il cervello per mantenere l’omeostasi, tende ad opporsi al cambiamento indotto.Tale squilibrio indotto dallo psicofarmaco è responsabile dei problemi di dismissione dello psicofarmaco stesso.

Parlando della DEPRESSIONE, ha spiegato che dall’introduzione sul mercato degli ANTIDEPRESSIVI si è assistito ad una crescita corrispondente del numero delle persone con invalidità per disturbi mentali.

Le ricerche hanno evidenziato che gli ANTIDEPRESSIVI aumentano il rischio che:
1) la depressione abbia un’evoluzione cronica
2) che i pazienti depressi diventino bipolari
3) che i pazienti diventino stabilmente invalidi.

Whitaker spiega che prima dell’introduzione degli antidepressivi sul mercato, la depressione veniva descritta come una delle patologie psichiatriche che avevano una prognosi migliore.
Nell’arco di 6 mesi o 1 anno si arrivava alla guarigione spontanea nell’85% dei casi, con ricadute molto rare.
Dopo l’introduzione degli antidepressivi gli psichiatri osservano che la depressione va verso una cronicizzazione, con intervalli brevi tra un episodio depressivo e l’altro, con percentuali di guarigione molto più basse di quelle ottenere senza l’uso degli psicofarmaci (vedi diapositive).

In conclusione gli antidepressivi possono avere benefici a breve termine, ma peggiorano l’evoluzione a lungo termine della malattia.

Whitaker aggiunge poi che coloro che sono stati esposti al trattamento prolungato con antidepressivi SSRI possono andare incontro ad uno stato depressivo cronico, resistente al trattamento (Disforia Tardiva).

Per quanto riguarda il trattamento della SCHIZOFRENIA vale lo stesso discorso della depressione.
Gli ANTIPSICOTICI (o neurolettici) possono portare ad una cronicizzazione dei sintomi, con un esito molto più sfavorevole di quello che si avrebbe in assenza di trattamento farmacologico.
I pazienti trattati con antipsicotici per lunghi periodi di tempo possono andare incontro a disabilità sociale, oltre che presentare disturbi fisici come obesità, problemi cardiaci, discinesia tardiva e acatisia, alcuni dei quali sono irreversibili.

Whitaker ha poi presentato delle soluzioni ai problemi psicologici, come protocolli terapeutici che garantiscano trattamenti psicosociali ed un uso selettivo degli psicofarmaci che consenta di ridurre sia l’esposizione iniziale che il loro utilizzo a lungo termine.

Per quanto riguarda il trattamento della schizofrenia ha esposto il metodo dell’Open Dialogue (DIALOGO APERTO).
Questo metodo prevede un uso limitato, se non assente, degli psicofarmaci.

Al primo episodio di psicosi non vengono somministrati antipsicotici e in alternativa vengono usate piccole dosi di benzodiazepine.
Per i casi che non si risolvono a breve con la psicoterapia ed altri interventi non farmacologici, gli antipsicotici vengono usati dopo qualche settimana dall’inizio dell’episodio psicotico e quando il paziente ha raggiunto una buona stabilità clinica viene avviato il tentativo (dopo circa 6 mesi) di ridurre la dose, fino a sospenderli.
Il metodo dell’Open Dialogue dà una percentuale di guarigione superiore all’80% dei casi.

Qui in allegato, il PDF dell’evento tenutosi a Reggio Emilia il 2 Novembre 2016.

DOWNLOAD PDF: Whitaker-Reggio-2016-ita

AVVISO PER IL LETTORE: tutti gli articoli presenti su questo sito, non vengono realizzati da alcun nostro autore (ad eccezione degli articoli sotto la categoria “storytelling”. Ci limitiamo nel riportare su questo sito, materiale informativo reperito in rete citando la fonte di provenienza. Avvisiamo quindi il lettore nel valutare con distacco le informazioni qui reperibili in quanto non possiamo garantire la veridicità delle informazioni riguardo le fonti di provenienza.

Condividi su:

Gli antidepressivi aumentano il rischio di suicidio e depressione

Federico Bergna · 12/11/2018 · Lascia un commento

Gli effetti collaterali dei farmaci determinano i tassi di depressione? Un nuovo studio rileva che oltre un terzo degli americani assumono farmaci da prescrizione che possono causare sintomi depressivi come effetto collaterale.

Articolo redatto da Peter Simons.

Secondo una nuova ricerca, tra il 2013 e il 2014, il 38,4% degli adulti ha assunto un farmaco che elenca la depressione come un potenziale effetto collaterale e il 9,5% ha ricevuto tre o più di questi farmaci. Circa il 23,5% ha assunto un farmaco che elencava un aumento della suicidalità come effetto collaterale. I ricercatori hanno scoperto che l’uso di questi farmaci era associato a persone che sviluppavano depressione e rischio di tentativi di suicidio.

“L’uso di farmaci da prescrizione che hanno depressione come potenziale effetto avverso era comune e associato a una maggiore probabilità di depressione concomitante”, scrivono i ricercatori.

La ricerca, pubblicata sul Journal of American Medical Association (JAMA), è stata guidata da Dima M. Qato, PharmD, MPH, PhD, presso il Dipartimento di Sistemi di Farmacia, Outcomes and Policy, Università dell’Illinois a Chicago, e ha anche incluso Katherine Ozenberger, della stessa istituzione, e Mark Olfson, psichiatra e specialista di salute pubblica della Columbia University di New York.

Numerosi farmaci includono depressione e suicidalità come potenziale effetto collaterale, inclusi contraccettivi ormonali, beta-bloccanti, inibitori della pompa protonica, farmaci anti-ansia e, paradossalmente, gli “antidepressivi” stessi.

I ricercatori hanno scoperto che i tassi di depressione erano più alti in quelli che assumevano farmaci che elencavano la depressione come un effetto collaterale. Hanno controllato numerosi altri fattori, tra cui sesso, razza, età, livello di istruzione, stato socioeconomico, stato civile, impiego e condizioni mediche multiple (ad esempio, ipertensione, cancro, diabete e molti altri).

Gli autori hanno anche controllato i potenziali confondenti e la causalità inversa usando un metodo statistico chiamato analisi della sensibilità. Ad esempio, i ricercatori hanno condotto ulteriori analisi per verificare se la rimozione di coloro che hanno usato farmaci psicotropi avrebbe alterato il risultato, o se la rimozione di coloro che avevano ipertensione (che è anche associata alla depressione) altererebbe il risultato. In tutti questi casi, l’associazione tra uso di farmaci e depressione ha continuato a essere statisticamente significativa.

Questi risultati indicano che anche quando si rimuovevano potenziali casi di confondimento (come altri psicofarmaci o persone con malattie legate alla depressione), c’era ancora un legame tra l’uso di farmaci e lo sviluppo della depressione.

La connessione tra questi farmaci e la depressione erano ancora più potenti per le persone che prendevano tre o più farmaci che avevano la depressione come effetto collaterale. Infatti, secondo i ricercatori, circa il triplo di persone che hanno assunto tre o più di questi farmaci hanno sviluppato depressione rispetto a coloro che non erano in terapia con tali farmaci:

“La prevalenza stimata della depressione era del 15% per coloro che segnalavano l’uso di 3 o più farmaci con depressione come effetto avverso contro il 4,7% per coloro che non utilizzavano tali farmaci”.

La loro scoperta non era dovuta semplicemente all’uso di farmaci in generale, non c’era alcuna differenza nei sintomi della depressione tra coloro che non assumevano farmaci e quelli che assumevano anche tre farmaci che non avevano la depressione come effetto collaterale. Pertanto, solo i farmaci con depressione elencati come effetto collaterale sono stati associati allo sviluppo della depressione.

Secondo i ricercatori, alcuni di questi farmaci sono disponibili over-the-counter (come gli inibitori della pompa protonica e contraccettivi d’emergenza) negli Stati Uniti, e il loro confezionamento spesso non è sufficientemente approfondito da descrivere l’associazione di questi farmaci con la depressione e la suicidalità. Pertanto, i consumatori potrebbero non essere consapevoli del fatto che i farmaci che assumono potrebbero essere responsabili per il loro stato emotivo alterato.

Inoltre, i ricercatori osservano che le richieste di screening per la depressione sono aumentate considerevolmente, tuttavia gli strumenti di screening non chiedono dei potenziali effetti collaterali dei farmaci. Pertanto, lo screening per la depressione può portare a qualcuno che riceve una diagnosi di depressione (e potenzialmente a ricevere antidepressivi) quando ciò che sta accadendo è che stanno vivendo l’effetto collaterale di un altro farmaco.

****

Qato, D. M., Ozenberger, K., Olfson, M. (2018). Prevalenza dei farmaci da prescrizione con depressione come potenziale effetto avverso negli adulti negli Stati Uniti. JAMA, 319 (22), 2289-2298. doi: 10.1001 / jama.2018.6741 (Link) https://jamanetwork.com/journals/jama/a … ct/2684607

AVVISO PER IL LETTORE: tutti gli articoli presenti su questo sito, non vengono realizzati da alcun nostro autore (ad eccezione degli articoli sotto la categoria “storytelling”. Ci limitiamo nel riportare su questo sito, materiale informativo reperito in rete citando la fonte di provenienza. Avvisiamo quindi il lettore nel valutare con distacco le informazioni qui reperibili in quanto non possiamo garantire la veridicità delle informazioni riguardo le fonti di provenienza.

Condividi su:

Barra laterale primaria

Apollo 11

ARTICOLI RECENTI

  • GIORNO 522: tutto ciò che NON dovrebbe fare uno psichiatra per costruire un’alleanza terapeutica efficace 17/01/2020
  • GIORNO 390: diritti e fiducia 06/09/2019
  • GIORNO 286: libero 25/05/2019
  • GIORNO 280: tempo di diritti 19/05/2019
  • GIORNO 246: ecco perché in realtà potresti trovare sempre il lavoro dei tuoi sogni 15/04/2019

COMMENTI RECENTI

  • FedericoBergna su GIORNO 181: ciao Papà
  • Roberta su GIORNO 181: ciao Papà

ARTICOLI PER TAG

abilify (1) acatisia (1) ADHD (1) aggressività (1) alcolismo (1) allucinazioni (1) allucinazioni uditive (1) allucinazioni visive (1) amministratore di sostegno (3) ansiolitici (1) antidepressivi (6) antipsicotici (7) antipsicotici atipici (2) antipsicotici tipici (1) antipsicotico (1) apollo 11 (1) aripiprazolo (1) autonomia (1) avvocato (1) bambini (2) Basaglia (1) benzodiazepine (3) cannabis (1) case farmaceutiche (1) cervello (1) clozapina (5) comunità (1) coraggio (2) depressione (4) Diritti (2) dismissione (3) dispercezioni uditive (2) emozioni (2) FDA (2) giudice tutelare (2) Giuseppe Tibaldi (2) lavoro (2) neurolettici (3) peter breggin (3) psicofarmaci (2) recovery (2) scalaggio (2) schizofrenia (2) sentire le voci (3) suicidio (2)

APOLLOUNDICI.org

Copyright © 2021 * Tutti i diritti riservati * Accedi