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APOLLOUNDICI.org

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Diario di viaggio a tema schizofrenia, allucinazioni, psichiatria, tribunali e soluzioni di recovery.

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Federico Bergna
(fondatore del Blog)

PERCHE’ APOLLOUNDICI.ORG

Il blog vede la sua pubblicazione on-line l’11 settembre 2018 da un’idea di Federico Bergna. Lo scopo originario, ancora attuale, fu quello di creare un vero e proprio diario pubblico all’interno del quale raccontare la propria storia, quella di Federico, nato il 4 marzo 1982 e di Andrea (alias Apollo) nato il 21 maggio 1977. L’esistenza di entrambi i fratelli ha una svolta radicale il 3 marzo 2017. Da quel giorno in poi accaddero una serie di avvenimenti che spezzarono definitivamente “ciò che era prima” in favore di “ciò che siamo ora”. I titoli dei racconti del diario sono caratterizzati dal progressivo numerico dei giorni. Dal giorno zero, 11 settembre 2018, giorno della nascita di questo blog.

LA STORIA CLINICA PSICHIATRICA DI APOLLO

La storia clinica di Apollo inizia con una prima presa di contatto con la psichiatria nel 1998 anno in cui conobbe per la prima volta uno psicoterapeuta ed uno psichiatra del C.S.M. e di conseguenza, la sua prima assunzione in assoluto di psicofarmaci (Akineton, En, Haldol). Allora Apollo aveva 21 anni. Facciamo però qualche passo indietro perché vorrei raccontarti in breve, chi era Apollo, prima del suo annientamento farmacologico, oltreché affettivo e sociale dovuto anche a concause sociali e familiari che hanno avuto in primis un ruolo determinante.

Nella nostra infanzia e per una parte della nostra adolescenza, posso certamente dire di aver vissuto uno dei periodi più belli e spensierati della nostra vita. Papà era impiegato tessile mentre mamma dopo qualche anno come impiegata presso un mobilificio, si dedicò in toto alla famiglia come casalinga. Tuttavia in Apollo, in concomitanza con il primo anno fallimentare di liceo, si lacerò qualcosa. Prima di allora non ebbe mai alcuna particolare problematica ne scolastica, ne sociale in quanto era ben inserito nel suo gruppetto di amicizie che frequentava oltre la scuola. Ma…

… il punto è proprio questo. Le scuole medie sono un passaggio fondamentale tra le scuole elementari e le scuole superiori perché è lì, per come la vedo io, che un individuo inizia a diventare pian piano un piccolo adulto. Forse sarebbe meglio dire, inizia ad annusare il proprio ruolo e i propri rapporti nel mondo al di là del focolare sicuro dei genitori e degli amichetti d’infanzia. Le amicizie da giovane adulto, sono appunto un passaggio fondamentale di questa iniziazione. Gli amici di Apollo, erano sostanzialmente i suoi vicini di casa ed il cugino. Ricordo perfettamente che a differenza mia, Apollo non riuscì mai ad espandere o crearsi un nuovo giro di amicizie già dalle medie ma mantenne sempre i suoi rapporti col vicinato ed i parenti. Si potrebbe pensare nulla di male no? Cosa c’è di sbagliato…

Eppure se pensiamo che proprio la scuola è uno di quei fattori che influenzano la vita e la quotidianità dei giovani adolescenti, puoi ben presto immaginare avendo questi riferimenti sociali così “rigidi”, cosa sia accaduto con l’ingresso al liceo. Proprio in quel primo anno di liceo, avvenne il suo primo “crack emotivo”. Totale disadattamento a quel nuovo contesto sociale. Apollo si vide sempre più lontano dai suoi riferimenti. Gli amici di vicinato spariti, in scuole diverse. Il cugino amico di sempre, che invece proseguì gli studi anche lui, liceale. I compagni di liceo di Apollo che lo bullizzavano marchiandolo a fuoco.

A questo contesto, aggiungiamo un papà ed una mamma che, fin da appena sposati, avevano enormi contrasti con i suoceri (da entrambe le parti). Parenti materni conviventi nello stesso contesto abitativo, parenti paterni a distanza, mai presenti nelle nostre vite fin da piccoli.

Ora… puoi ben immaginare cosa accade in una mamma che si vede bocciare il proprio figlio il primo anno di liceo, con invece il figlio della sorella, amico di sempre, che prosegue gli studi, con gli amici di Apollo vicini di casa anche loro che non sbagliano di una virgola e diventano tutti diplomati o già inseriti in contesti di studio-lavoro.

Succede che una bocciatura, è un marchio indelebile. Una vergogna. Succede che se sei una madre dove lei medesima, è stata per la sua epoca un’eccellenza a scuola, con tanto di medaglie (all’epoca di mia madre si davano proprio delle medaglie per premiare gli studenti migliori) diventa inaccettabile vedere un figlio che disattende un percorso di studi e chissà quale carriera lavorativa. Disattesa rispetto a parenti e vicinato vario, che invece, proseguivano con successo i loro percorsi di crescita formativa e lavorativa.

Succede che i parenti (tutti) non aiutano, anzi. Qualcuno butta benzina sul fuoco, proprio perché fin dalle origini, già non vi era mai stato alcun contesto di parentela sano. Io e Apollo ancora dovevamo nascere che già tra nonni e zii paterni e materni non correva particolarmente buon sangue. Da parte di tutti (nostri genitori compresi), incomprensioni a non finire se non anche, talvolta, vere e proprie faide interne fra parenti.

Succede che Apollo, dopo la bocciatura al liceo, viene bocciato anche nei successivi indirizzi scolastici fino a che approda ancora giovane a 18 anni, nel mondo del lavoro. Una torneria meccanica dopo aver frequentato per qualche tempo, un corso di formazione professionale, anch’esso non portato a termine.

Questa esperienza per Apollo fu di una devastazione totale. Già provato dalle sue esperienze scolastiche e sociali fallimentari, nell’ambito di quella torneria artigianale avvenne tutto e di più. Ricordo che tornava a casa con i trucioli di ottone infilzati nella carne dei piedi. Trucioli talmente piccoli che passavano all’interno delle maglie delle calze e delle scarpe antifortunistica. Trucioli che, talmente piccoli, era poi praticamente impossibile togliere dalle ferite. Ma questa era ancora niente a confronto di quello che poi successe. All’epoca, c’era ancora la naia e indovina un pò Apollo quanti anni aveva? 18… tempo di partire per il militare. Il suo datore di lavoro però, dopo un’anno che lavorava in azienda, se fosse partito per il militare avrebbe dovuto garantirgli per legge il posto di lavoro una volta congedato. Per cui già dal primo anno, Apollo subì un vero e proprio mobbing dal suo datore di lavoro (e dai suoi colleghi) per poterlo licenziare il prima possibile. Finì poi che Apollo a naia non cì andò (aveva i piedi piatti) e in quella torneria quindi, proseguì per altri 3 anni. Allora il mobbing non era come quello di questi tempi. Il mobbing delle officine artigianali di 20 anni fa era diverso. Il mobbing era fisico, oltrechè verbale. Spintoni, calci nel sedere, provocazioni atte nel portare alle dimissioni un dipendente, perché per licenziare bisognava trovare una giusta causa. Ma Apollo continuava ad andare a lavorare e sai perché?

Vuoi mica che anche l’ingresso nel mondo del lavoro potesse diventare un’altra vergogna fallimentare per parenti e compagnia bella? Vuoi mica sentenziare alla pubblica parentela gogna un figlio come fallito totale? Giammai… ricordo bene come i miei genitori, nonostante fossero pienamente coscienti dell’assoluta gravità di quegli episodi, anziché trovare per l’ennesima volta un’alternativa imponevano ad Apollo di proseguire in quella torneria. Finchè… Apollo si ruppe in mille pezzi.

LE VOCI DI APOLLO

Le voci di Apollo, si manifestano a casa proprio durante questo periodo lavorativo. Attenzione però… ho scritto si manifestano. Perché sono convinto che Apollo iniziò a sentire le voci già dal primo anno di liceo e durante le successive bocciature scolastiche ma se le tenne strette dentro di sè senza mai riferirlo a nessuno. Difatti nella primissima cartella clinica psichiatrica, si legge “riferisce che i compagni di scuola gli dicono che è un drogato” ed una delle tanti voci di Apollo è proprio su questo tema. Chiaramente la droga non ha mai fatto parte della vita di Apollo. Non ha mai frequentato compagnie cosiddette “balorde” ma la cattiveria di alcuni compagni di classe, vedendolo completamente spaesato in un contesto scolastico per lui avverso, lo additarono come drogato e chissà cos’altro ancora…

Venendo alla prima manifestazione di Apollo circa le sue voci, ricordo benissimo quell’evento. Una sera trovai la porta socchiusa dello studietto e feci per entrare perché sentivo Apollo letteralmente parlare a voce alta con qualcuno. Non capivo chi potesse essere perché era proprio un dialogo. Risposte su risposte verbali solo che l’altro interlocutore non era fisicamente presente. Lo vidi di fronte alla libreria, in direzione delle voci (vicini di casa) a parlare, e a rispondere…

DAL 1999 AL 2002, CINQUE RICOVERI IN S.P.D.C. , NEL 2003 UN ANNO DI COMUNITA’ AD ALTA RIABILITAZIONE PSICHIATRICA

Ora il 1999, segnò il suo primo ricovero in S.P.D.C. tenendo bene a mente però, che nel 1998 Apollo già intraprese un percorso psicoterapeutico privato (risultato inadeguato) e farmacologico consistente in “terapia” di antipsicotici, ansiolitici, ed un antiparkinsoniano (Haldol-En-Akineton). Perché sottolineo questo aspetto? Perché 20 anni fa, le voci, erano considerate ancora come lo sono fortemente tutt’oggi, una patologia mentale. Patologia mentale intesa proprio clinicamente parlando, come una disfunzione chimica del cervello che attiva allucinazioni uditive e visive. Quindi, patologia del cervello come causa di una malattia mentale. Patologia mentale da correggere o contenere mediante la correzione chimica per mezzo di molecole che potessero ristabilire il famoso disequilibrio mentale.

Questo era il mantra della psichiatria di 20 anni fa e questo è ancora ad oggi, il mantra della stragrande maggioranza degli psichiatri che hanno a che fare con persone che hanno allucinazioni uditive e visive (da qui, il mio essere anti-psichiatria ed anti-psicofarmaci, in riferimento alla nostra storia diretta).

Com’è possibile che un medico ancora ad oggi, non effettui delle diagnosi differenziali per indagare approfonditamente sui disturbi allucinatori? Perché le allucinazioni possono effettivamente avere un’origina organica e non solo originarsi da una mente diversamente pensante. Pensiamo ad esempio a diversi studi scientifici che hanno acclarato come certe tipologie di tumori cerebrali, possano dare origine a vere e proprie allucinazioni. Pensiamo a certe importanti malattie della tiroide, che possono dare origine anch’esse ad allucinazioni. Pensiamo ad alcune particolari forme di epilessia. Pensiamo a certe sindromi immunodeficitarie che possono dare anch’esse origine a delle allucinazioni esattamente come nelle psicosi descritte meticolosamente nel D.S.M.

Cosa succede quindi, anche qualora si proceda nella remota ipotesi di attivarsi per una diagnosi differenziale che risulti negativa, nel non trovare delle cause organiche certe alle allucinazioni? Si procede ad una diagnosi di malattia mentale. Dall’anamnesi, sulla base di un colloquio psichiatrico diretto col paziente, si arriva ad una diagnosi senza minimamente indagare in approfondito la storia di un paziente. Sintomi descritti nel D.S.M. corrispondono? Diagnosi automatica di malattia mentale.

Ancora oggi, un medico psichiatra potrebbe benissimo descriverti scientificamente cosa accede a livello molecolare in una persona in piena psicosi allucinatoria, ma non sarebbe mai in grado di dimostrarti scientificamente in modo certo, assoluto al 100%, qual’è la causa che scatena queste allucinazioni (una volta escluse tutte le possibili patologie organiche verificabili). Non è a tutt’oggi mai stato dimostrato che un eccesso di dopamina o una carenza di serotonina nel cervello, siano esse le cause delle origini delle psicosi, delle allucinazioni o delle depressioni. Se tutte le persone a questo mondo, anche solo per una volta nella corso della propria vita, avessero avuto anche per periodi medio-brevi un eccesso di dopamina o una forte carenza di serotonina, a quest’ora tutti almeno una volta, ci saremmo ritrovati ricoverati in un reparto psichiatrico con psicosi, allucinazioni o depressioni maggiori. Tutti. Nessuno escluso.

Perché allora far passare come informazione ai familiari ed alle persone sofferenti il messaggio che, l’uso di psicofarmaci sono essenziali e necessari come CURA se gli stessi professionisti che li prescrivono, spesso non indagano ne conoscono, ne approfondiscono con meticolosità la causa delle allucinazioni?

Come esperienza da familiare, dopo 20 anni con la psichiatria, sarebbe già un successo avere di fronte a te uno psichiatra che ti dica:

devo drogarti, perché non sò come aiutarti con le allucinazioni. Quello che posso fare è sedarti, o eccitarti sperando nel frattempo di capire in qualche frangente della tua esistenza come fare per restituirti una vita dignitosa. I farmaci che ti prescrivo, non sono assolutamente alcuna garanzia che saranno la soluzione per risolvere il tuo dolore perché questi stessi farmaci, non agiscono sulle reali cause della tua psicosi o della tua depressione”

Quello che invece ancora oggi avviene nei C.P.S. con familiari e persone completamente disinformati per esperienza e conoscienza, specie se diagnosticati schizofrenici, è questo:

Devi convivere con la tua malattia mentale. Hai una patologia mentale cronica. Gli psicofarmaci sono fondamentali per guarire. Fino a che non starai meglio, è necessario che tu assuma a tempo indeterminato questa terapia. Quello che puoi fare è accettare la tua malattia mentale e conviverci al meglio delle tue possibilità.

Una volta mi definivo non anti-psichiatria. Non anti-psicofarmaci. Adesso lo sono. Sono anti-psichiatria (pur collaborando attivamente e felicemente con alcuni professionisti del settore che stimo) e sono anti-psicofarmaci. Sono soprattutto realista e ti spiego perché. All’alba del 2020, il fatto che ad oggi uno psicofarmaco possa in casi estremi salvare una vita, non può essere un modo per giustificare sempre e comunque l’utilizzo di psicofarmaci. La realtà delle cose, è che all’alba del 2020, oggi gli psicofarmaci mettono in situazioni di emergenza una enorme toppa a dei problemi sociali, familiari, culturali che nascono a monte.

Se mi metto nei panni di un medico in S.P.D.C. che riceve in emergenza di reparto un paziente in cosiddetta crisi psicotica, con in mano una penna biro pronto a saltarmi addosso per ficcarmela in un occhio, sicuramente non ci penserei due volte a fargli un punturone di sedativo in emergenza, se ci riesco.

Ma questo cosa giustifica? Giustifica che uno psicofarmaco ha salvato la vita del paziente? Giustifica che ha salvato la vita di un medico? No… giustifica il fatto che questa persona se è arrivata lì in quelle condizioni, non ci è arrivato così dall’oggi al domani, senza che nessuno e dico nessuno al mondo, si sia accorto prima di quanto fosse a pezzi la sua esistenza.

Vi è poi anche una “grossa fetta” di persone che grazie ad un anti-depressivo o un anti-psicotico, dichiara di essere ritornato a star bene e di aver ripreso una vita “normale” o addirittura di essere rinata. Perché quindi dovrei criticare delle testimonianze in questo senso? Mentono tutti spudoratamente pur di dichiarare che gli psicofarmaci gli sono stati utili oppure anche questa è una realtà che non può essere messa da parte o screditata per esperienze personali negative o convinzioni assolutiste anti-psichiatriche?

Non può esserci una verità assoluta. Ma la libertà di scelta e di consapevolezza quella sì. Quando manca, soprattutto se volutamente negata da parte di un medico, crea terreno fertile per anni ed anni di interventi farmacologici di dimensioni spropositate. Quello che mi appresto a fare, è raccontare solamente come è andata la nostra di storia.

DAL 1999 AL 2003, SEDICI TIPOLOGIE DI PSICOFARMACI

La lista infinita di psicofarmaci di Apollo, nel corso di quegli anni tra ricoveri in S.P.D.C. e comunità. Farmaci tra assunti, al bisogno e consigliati in cartella clinica:

  • Zyprexa
  • Serenase
  • Akineton
  • Halcion
  • En
  • Elopram
  • Talofen
  • Seropram
  • Nozinan
  • Leponex
  • Clopixol
  • Farganesse
  • Seroquel
  • Zoloft
  • Risperdal
  • Tavor

Dal 2003 alla data odierna in cui scrivo, 15 gennaio 2020, Apollo assume 400mg di Clozapina (Leponex) + 75mg di Sertralina (Zoloft) + fino a circa un anno fa, 2,5mg di Lorazepam (Tavor), quest’ultimo dismesso totalmente grazie al mio supporto ad Apollo nel portare alla psichiatra del suo C.S.M. questa sua esigenza.

3 MARZO 2017: CI HA PENSATO IL KARMA

Come ti accennavo all’inizio, questa data ha segnato nella vita di Apollo e nella mia, uno spartiacque da ciò che eravamo a ciò che siamo oggi. Devi sapere che io, Federico, a 23 anni ho iniziato la mia prima e attuale convivenza con Sara. Prima dei 23 anni ho quindi vissuto in famiglia i ricoveri di Apollo in S.P.D.C. e l’andirivieni di Apollo tra casa e comunità fino a che ho poi scelto di fare la mia vita lontano da quello che per me era diventato ormai un inferno. Prima del 3 marzo 2017, erano sempre stati i miei genitori ad interagire con la psichiatria. Nostro padre era del 1949 mentre mamma del 1950. Personalmente, non ho mai avuto un ruolo attivo in questo ambito, prima di questa fatidica data. Tanto mi riferivano i miei genitori, tanto apprendevo e valutavo. Mai messo piede in un C.P.S. ne mai parlato con alcun medico o infermiere. In tutti questi anni tuttavia, non ho mai abbandonato Apollo ne i miei genitori ma come potrai immaginare, una volta scelto il mio percorso di vita, i rapporti sono diventati più distaccati. Se oggi sono qui a scrivere è perché tanti anni fa ho letteralmente fatto un salto nel vuoto. Tra l’altro, io e la mia famiglia all’epoca ci lasciammo in un modo a dir poco asettico. Un bigliettino sul tavolo da pranzo con scritto “me ne vado, mi sono trasferito da Sara”. Lei fin da allora, mai accettata dai miei genitori in quanto più grande di me di 12 anni (altra vergogna da sopportare, sopratutto da parte di nostra mamma) tranne che forse da mio papà perché negli anni successivi, lui ebbe modo di accettare positivamente la mia scelta. Quando andava bene, passavo a trovare i miei ed Apollo una volta al mese. Altre volte passavano anche due o tre mesi prima di rivederli. Tuttavia negli anni, si cercava di mantenere almeno dei rapporti tra padre/madre e figlio ma non più come papà/mamma figlio… spero tu abbia colto la differenza di questi termini. Ed è stato così per molti anni, fino appunto al 3 marzo 2017.

Quel giorno, io e mio papà ci ritrovammo nella sala di attesa in ospedale ad attendere nostra mamma che uscisse dalla visita medica. Carcinoma maligno al retto con già metastasi al fegato di 2 cm per parte con conseguente stomia applicata già il mese successivo.

Un mese dopo ricovero d’urgenza anche per mio papà. Versamento pleurico polmonare. Tre litri di siero infetto nella pleura (mesi dopo si scoprì che aveva un carcinoma maligno alla pleura, appunto).

Praticamente nel giro di un mese, mi ritrovai dopo anni, ad assistere entrambi i miei genitori e con un fratello con il quale iniziare a riprendere rapporti più intimi causa forza maggiore. Di conseguenza iniziare a prendere rapporti anche con il C.P.S. mondo a me totalmente sconosciuto.

Otto mesi dopo la diagnosi, nostra mamma morì. Tre mesi dopo il decesso di nostra mamma, nostro papà morì. Ho scritto un articolo nel mio diario che descrive bene che cosa è successo nel corso di quei mesi. Ti metto qui il link all’articolo perché può esserti utile se stai affrontando qualcosa di simile nella tua vita. Soprattutto ti farà capire che quando succedono certe cose, non succedono a caso e ti invito a coglierne il significato che per me è stato solo che positivo, nel paradosso degli eventi. Ecco l’articolo del GIORNO 181.

Non mi dilungo nei dettagli di cosa è successo in quei mesi ne delle numerose volte in cui ho dovuto decidere con un sì od un no davanti ad un primario di rianimazione, della vita o della morte dei nostri genitori perché è questo che ho dovuto letteralmente affrontare. Ho avuto la fortuna di incontrare dei medici che nei numerosi ricoveri d’urgenza dei mie genitori, mi hanno sempre chiesto cosa volessi scegliere per loro. Alcune volte proprio con un sì o con un no. Molte altre volte mi sono dovuto affidare solo al mio intuito arrivando sempre in tempo per salvare loro quello che rimaneva della vita. Ci sono stati dei momenti, diversi devo dire, che magari alcune ore prime che succedesse qualcosa di grave, nel loro decorso, sentivo di prendere la macchina per andare a casa loro o in ospedale, in base a dove li mettevano. Ormai la mia quotidianità si divideva tra il portare avanti l’officina di moto a Milano e recarmi praticamente quasi ogni giorno poi a Como o a casa dei miei quando non venivano ricoverati d’urgenza.

Ho vissuto esperienze molto particolari in quei mesi, durante i loro ricoveri. Li ho vissuti fino in fondo. Mi sono letteralmente lasciato invadere da tutte le sensazioni possibili immaginabili che mi piombavano addosso, senza alcun preavviso. Queste esperienze durante il loro decorso, mi hanno cambiato profondamente. Il Federico pre marzo 2017 è scomparso ed è rinato un Federico totalmente differente alla mia precedente vita.

In quei mesi, temevo per Apollo un ritorno agli anni passati, fatto di ricoveri in psichiatria. Invece è successo che in special modo dopo il decesso dei nostri genitori, ha iniziato a sbocciare e a fiorire. Dopo marzo 2017, io e Apollo ci siamo riscoperti fratelli come quando eravamo piccoli, prima dei suoi ricoveri in psichiatria del 1999.

2020: NON E’ ANCORA FINITA

Come ti accennavo, poche settimane dopo il 3 marzo 2017, ho iniziato a prendere contatti con la psichiatria sostituendomi a quello che avevano sempre fatto i nostri genitori, mondo fino ad allora per me sconosciuto. Già da quell’anno, sapevo che loro non sarebbero più stati fra noi e automaticamente ho iniziato subito a capire cosa potevo fare per Apollo. Fin da allora, il progetto era organizzarsi per capire come fare a trasferirlo da me, con Sara, in una casa nuova, per una convivenza a tre. Questo perché tra dove abito io e la sua di casa, ci sono di mezzo 25 km.

Nonostante gli enormi passi avanti fatti da Apollo in questi ultimi tre anni, in special modo nel suo comprendere e parlare delle sue voci con me e Sara, non avevamo fatto ancora i conti con una cosa… leggi, burocrazia e psichiatria appunto.

Il 2019 è stato segnato da quello che io definisco “il peggior e nefasto sistema burocratico che si attiva per tutelare secondo le leggi vigenti, una persona avente una diagnosi psichiatrica”.

Questa macchina infernale si chiama “amministrazione di sostegno”. Una macchina che è fatta di tre parti saldate tra loro. Il motore (tribunale e giudici), le ruote (l’amministratore di sostegno), la psichiatria (il pilota).

Devi sapere che se ad esempio, tu, unico parente rimasto di un familiare con diagnosi psichiatrica, ti venisse mai in mente di proporre delle soluzioni, devi fare i conti con questa macchina infernale.

Apollo ad esempio, fin dall’uscita dalla comunità nel 2003, ha sempre dichiarato in famiglia che per lui tutte le terapie fatte fino a quel momento, erano troppo pesanti. Ha sempre e dico sempre comunicato di voler meno farmaci possibili, possibilmente arrivare un giorno a toglierli.

Per cui in questi ultimi 3 anni, mi sono attivato anche per ricercare nei confronti di Apollo, le condizioni ottimali per affrontare un diverso percorso psicoterapeutico e farmacologico rispetto allo storico C.S.M. dal quale è stato seguito, volto ad una dismissione graduale ed in sicurezza degli attuali psicofarmaci che assume. Percorso che per iniziare una dismissione farmacologica efficace, prevedeva fin dall’inizio:

  • convivenza a 3 con Sara in un immobile adeguato, ognuno con i propri spazi.
  • individuare uno psicoterapeuta ed uno psichiatra con esperienza negli uditori di voci e disposti ad assecondare favorevolmente le volontà di Apollo riguardo un percorso di dismissione farmacologica.
  • individuare per quanto possibile le future opportunità di recupero sociale, lavorative, esistenziali una volta effettuato il trasferimento.

Apriti cielo…

Devi sapere ad esempio che se tu, unico familiare rimasto, hai necessità di vendere un immobile ereditato sfitto decadente in proprietà al 50% con un utente psichiatrico per avere i soldi necessari all’acquisto di un nuovo immobile (da cointestare anch’esso al 50%) ti fanno morire.

Parte tutto dal notaio.

  • Ti presenti dal notaio del compratore per fare il rogito della casa sfitta.
  • Il notaio vede che il fratello ha una diagnosi psichiatrica perché ti sei attivato con una procura semplice per agevolare il fratello in queste pratiche burocratiche.
  • Notaio telefona in psichiatria per avere informazioni sulla capacità di intendere e di volere del paziente psichiatrico.
  • Psichiatria suggerisce al notaio di far aprire l’amministrazione di sostegno.
  • Notaio non effettua quindi il rogito perché ti invita a diventare amministratore di sostegno del fratello con diagnosi psichiatrica passando quindi dal decreto di un giudice.

Benissimo… che problema c’è. Chiediamo al compratore se può attendere qualche mese (!!!) perché prima devo diventare ADS di Apollo per poter vendere quella casa e trasferirlo in quella nuova. Quindi, attendere la sentenza di un giudice.

Passano i mesi. Udienza in tribunale. Il giudice valuta per due specifici motivi (che per motivi di privacy non posso citare nello specifico dato che è ancora in corso il procedimento) non posso essere amministratore di sostegno di Apollo. I motivi sono in sintesi due:

  • ciò che c’è scritto nella relazione psichiatrica del C.S.M. in primis.
  • soldi, lasciando intendere, pare, che io abbia tratto indebitamente profitto da una situazione che definire “grottesca” è dir poco.

Risultato: nomina di un amministratore esterno. Sempre per motivi legali, non posso ad oggi pubblicare specifici dettagli sulla prima gestione di questa amministrazione di sostegno che ci ha procurato danni morali e patrimoniali enormi. Fatto sta che passano i mesi e:

  • perdiamo la casa che era già praticamente venduta nonostante ci fosse ancora l’acquirente disposto a rogitare.
  • Apollo si ritrova ad essere seguito da un C.S.M. che ha già dichiarato che dovrà assumere questi farmaci per tutta la vita (non verranno mai scalati) e che anziché prendere una posizione per agevolare il trasferimento, in capo alla responsabile del reparto di psichiatria, viene suggerito per Apollo l’eventuale frequentazione di una comunità insieme ad altre soluzioni.
  • Io che non lavoro più da 3 anni dopo 15 anni di contributi lavorativi perché volutamente dimessomi dall’azienda per la quale lavoravo (e che ancora oggi mi cercano perché non riescono a trovare un altro capo-officina con le mie competenze) per seguire sia il decorso dei nostri genitori, sia le necessità di Apollo.

Dici che finisce qui? Macché… presento ricorso con il mio avvocato dopo esser venuto a conoscenza solo mesi dopo, delle dimissioni del precedente ADS per richiedere nuovamente valutazione come mia nomina di amministratore di sostegno nei confronti di Apollo. Risultato? Bocciato anche il secondo ricorso questa volta con motivazione per essere comproprietario al 50% del patrimonio immobiliare.

Risultato? Nuova nomina di un ADS esterno, questa volta avvocato. Il precedente, era un commercialista. Ad oggi, 15 gennaio 2020, siamo ancora nelle mani di un ADS, di un giudice ed un C.S.M. per valutare quali debbano essere i presupposti e le soluzioni più adeguate per la tutela di una persona avente una diagnosi psichiatrica. Nel mese di febbraio 2020, potrebbe esserci finalmente un’udienza per sentire i diretti interessati. Il sottoscritto e Apollo. Già… perché si sono mossi tutti, hanno deciso tutti, tutti hanno gestito soldi e patrimonio, tutti sono diventati operativi tranne i diretti interessati che aspettano ancora dopo un anno, di essere ricevuti almeno ad udienza.

QUESTA PAGINA VERRA’ COSTANTEMENTE AGGIORNATA

Ultimo aggiornamento: 15 gennaio 2020.

QUESTA PAGINA VERRA’ COSTANTEMENTE AGGIORNATA

Ultimo aggiornamento: 18 novembre 2020:

RIEPILOGO + ULTIMI AGGIORNAMENTI IN FONDO AL TESTO

La storia psichiatrica di mio fratello, inizia nel 1999 con il primo ricovero in psichiatria. Seguono altri ricoveri negli anni fino a che nel 2003, viene inserito in una comunità C.R.T. per circa un anno per poi fare ritorno a casa. La diagnosi è schizofrenia (uditore di voci). La stessa identica terapia per tipologia e quantità, all’uscita della comunità, verrà protratta in tutti gli anni a venire, fino al 2020 (antipsicotici, antidepressivi, ansiolitici). Un anno dopo quell’evento, nel 2004, decido di distaccarmi dalla famiglia ed inizio una convivenza, ancora attuale, con la mia compagna, a circa 30 km di distanza, in altra provincia adiacente. Mantengo negli anni i rapporti con la famiglia. Arriviamo al 2017, anno in cui entrambi i nostri genitori si ammalano di cancro e decedono pochi mesi dopo, a cavallo tra il 2017 e 2018. Fin dall’inizio del decorso dei nostri genitori, mi occupo di mamma, papà e mio fratello. Dopo i primi mesi di malattia, decido volontariamente di dimettermi dall’azienda per quale lavoravo, con ruolo tra l’altro cardine per l’attività. Prendo questa decisione in quanto iniziavano ad essere numerosi i ricoveri in emergenza dei nostri genitori e per poter seguire più da vicino mio fratello. Contestualmente inizio a prendere rapporti anche con il CPS di mio fratello, sostituendomi in toto ai miei genitori.

A giugno 2018, si chiudono le 2 successioni per decesso dei nostri genitori ed io e mio fratello, ereditiamo tutto al 50% non essendoci testamento specifico. Ereditiamo sia immobili, sia una consistente liquidità economica, sempre al 50%. Tra gli immobili ereditati, vi è una casa sfitta da anni, in condizioni vetuste, un piccolo negozietto in affitto ed un bilocale in affitto. Anche la casa dei nostri genitori diviene di nostra proprietà al 50% tra me e mio fratello. Appartamento che viene utilizzato esclusivamente da lui (quindi non 1° casa per il sottoscritto). Decido quindi come priorità, di poter mettere almeno in vendita l’immobile sfitto decadente, onde evitare inutili spese in quanto impossibile da mettere a reddito. Per fare ciò, decido di chiedere una procura semplice per agevolare un domani mio fratello, nelle pratiche notarili in quanto mio fratello, può spostarsi autonomamente solo entro un tot di km dall’abitazione dei nostri defunti genitori mentre per giungere in posti nuovi, preferisce almeno le prime volte, avere la sicurezza della mia presenza.

Tuttavia, pur avendo trovato nel frattempo un acquirente pronto ad acquistare e rogitare tale immobile, non abbiamo più notizie dal notaio che doveva rogitare. Mi contatta il notaio qualche settimana seguente, comunicandomi che, dopo essersi confrontata con la psichiatra del CPS che segue mio fratello, mi informa che non può più rogitare. Per rogitare, occorre che io chieda ad un tribunale di poter diventare ADS di mio fratello.

Tra l’altro contestualmente, la psichiatra storica di mio fratello che lo aveva seguito per 20 anni, decide di non tenerlo più in carico dopo che il sottoscritto ha effettuato poche settimane prima un incontro specifico con tale dottoressa per parlare espressamente della possibilità di un percorso alternativo al CPS, con altri medici, volto ad una dismissione graduale delle terapie farmacologiche fin dove possibile e a determinate condizioni (avvicinamento di mio fratello al sottoscritto). Tale possibilità viene espressamente negata e secondo il parere del CPS, mio fratello dovrà continuare ad assumere a vita le terapie prescritte valutando come assolutamente non attuabile, una riduzione nel tempo degli psicofarmaci, per tipologia e quantità.

A dicembre 2018, giungono quindi in tribunale, le pratiche per diventare ADS di mio fratello e a gennaio 2019, abbiamo la 1° udienza con il GT In occasione dell’udienza, dichiaro in modo del tutto trasparente al giudice che:

1)     Dei 2 affitti che percepiamo, il 50% destinato a mio fratello è stato trattenuto dal sottoscritto diversi mesi dopo la chiusura delle successioni (antecedentemente infatti, utilizzo tutta la mia liquidazione dalla dimissioni lavorative), in virtù di un accordo tra me e mio fratello in quanto, quest’ultimo gode in via del tutto esclusiva dell’appartamento dei nostri genitori (mentre io, pago l’affitto con la mia compagna nell’immobile dove risediamo). Per me inoltre, l’appartamento dove vive mio fratello, non è prima casa e quindi mi sono ritrovato a pagare unicamente l’IMU (tra l’altro molto elevata) su tale immobile. Inoltre, pur avendone diritto, non ho mai chiesto alcuna indennità di locazione a mio fratello per l’utilizzo esclusivo dell’appartamento dei genitori defunti nonostante fosse in comproprietà al 50%.

2)     A dimostrazione della mia totale trasparenza e buona fede nei confronti di mio fratello, riferisco al giudice che nonostante io incassi il 50% degli affitti di mio fratello, per me tutto ciò è comunque una perdita economica perché il mio stipendio, pre-dimissioni l’anno precedente, era ben più consistente rispetto la cifra totale incassata dagli affitti.

3)     Informo il giudice del motivo esclusivo per richiedere di essere nominato ADS di mio fratello, ovvero poter vendere l’immobile sfitto vetusto come da richiesta del notaio ed un domani, poter trovare una soluzione abitativa per mio fratello più vicina a me e alla mia compagna, anche perché la zia che abita sotto casa di mio fratello, non gradisce la sua presenza. Quindi, vendere in futuro anche l’appartamento dei nostri genitori dove vive mio fratello per poter comprare un nuovo immobile vicino alla mia residenza. Questa soluzione comunque, da verificarne la fattibilità nei modi e nei tempi più opportuni per mio fratello, dato che lui ha sempre vissuto con i nostri genitori. Per nessun altro motivo, richiedo di diventare ADS di mio fratello in quanto lui conserva diverse autonomie.

Mio fratello in udienza, alla domanda del giudice riguardo la sua volontà di un possibile trasferimento abitativo più vicino al sottoscritto (o in convivenza previo acquisto di adeguato immobile) risponde che “ci devo pensare, al momento non sono sicuro di trasferirmi”, come normale che sia e in diritto di qualunque persona, prendersi del tempo prima di fare una scelta simile.

Passano alcuni mesi in attesa del decreto di nomina e a mia sorpresa, viene nominato come ADS di mio fratello, un commercialista con poteri unicamente amministrativi per gli atti di straordinaria amministrazione mentre per le scelte terapeutiche, tali decisioni rimangono totalmente in carico al beneficiario. Il GT in decreto dichiara che l’incasso del 50% degli affitti, è contrario agli interessi del beneficiario ed inoltre, rilevando in udienza che mio fratello non era sicuro di trasferirsi, interpreta la mia ipotesi/suggerimento di valutare in futuro il trasferimento di mio fratello come una forzatura nei suoi confronti adducendo quindi, che il mio comportamento, è inadeguato agli interessi e alle volontà del beneficiario. A mio fratello viene quindi limitato l’uso del suo conto corrente tramite una tessera che può essere ricaricata unicamente dall’ADS cosa che prima non aveva in quanto lui ha sempre avuto un suo bancomat gestito da lui in totale autonomia e mai in passato, anche in presenza dei genitori, ha utilizzato il suo denaro in maniera sconsiderata.

Nel corso di tutto il 2019, nonostante la nomina esterna di un ADS, continuo ad occuparmi di mio fratello. Tutte le settimane, lo porto 2 volte a settimana presso la mia residenza per fare assieme dei lavori di artigianato che a lui piacciono, facendo circa 200 km ogni settimana, per tutto il 2019. Questo in virtù del fatto, di aver chiesto che mio fratello, non frequentasse più una cooperativa che frequentava nel 2018 a causa di alcuni spiacevoli episodi che riportava al sottoscritto. Inoltre, propongo questa soluzione anche per iniziare ad abituare mio fratello ad allontanarsi da casa sua, viste le sue note storiche difficoltà a raggiungere e frequentare luoghi e persone a lui poco conosciuti, distanti da casa. Tutto ciò, dopo le prime iniziali difficoltà, avviene in maniera del tutto naturale per mio fratello tant’è che nel 2019, effettua con la mia presenza oltre 100 trasferimenti dalla sua residenza a casa mia, per fare questi lavori d’artigianato nel box del garage condominiale dove vivo.

Tralascio il dettaglio dei primi colloqui avvenuti tra il sottoscritto, la mia compagna ed il 1° ADS colloqui in cui in modo del tutto palese, l’ADS si pone nei miei confronti in modo molto provocatorio, cercando il più possibile di distaccare la mia presenza e i miei interventi nella vita e quotidianità di mio fratello. Da sottolineare che da inizio 2019 fino a maggio 2019, riesco con molta fatica a trovare uno psichiatra privato ed uno psicologo che dichiarano di potersi prendere in carico mio fratello anche in seguito ad un ipotetico trasferimento e che soprattutto, sono disposti a valutare positivamente un percorso mirato ad una possibile graduale riduzione delle terapie farmacologiche nel tempo, a differenza del CPS, come da volontà espressa più volte negli anni da mio fratello in famiglia. Difatti, nel corso dei primi mesi del 2019, i due professionisti privati effettuano diverse sedute di psicoterapia domiciliari con mio fratello e addirittura nell’ultima occasione, prima della nomina dell’ADS, mio fratello effettua anche una seduta di psicoterapia direttamente in studio da uno dei 2 professionisti, a molti KM di distanza da casa sua, questo a dimostrazione della capacità di mio fratello di allontanarsi anche molto da casa e di affrontare nuove sfide nella vita, con il mio supporto.

Tuttavia, nel 1° incontro fra mio fratello e l’ADS, l’ADS prova a indebolire la convinzione di mio fratello nel proseguire il percorso privato terapeutico che stavamo costruendo da alcuni mesi in accordo e fuori dal CPS, uscendo in tal modo dalle funzioni che per decreto gli spettano. Dice che sono troppo costosi i medici che abbiamo trovato e che il CPS è più vicino e comodo da raggiungere. Il percorso terapeutico privato di mio fratello viene di fatto, interrotto bruscamente dall’ADS non conoscendo inoltre minimamente, cosa era stato fatto negli anni passati ed i risultati invece ottenuti grazie alla mia costante presenza e a quella della mia compagna. Tutto ciò in occasione del suo primissimo incontro con mio fratello.

Arriviamo ad ottobre 2019, mese in cui il 1° ADS di dimette volontariamente dal suo incarico in quanto mio fratello, nel corso dei mesi del 2019 in ambito ADS, decide volontariamente di fare questo passo, ovvero di trasferirsi in convivenza con il sottoscritto e la compagna in adeguato immobile da acquistare o in immobile del tipo villetta a schiera. Comunica quindi in totale autonomia al CPS, al SIL e all’ADS, la sua intenzione di trasferirsi vicino a me e alla mia compagna.

Le dimissioni di questo 1° ADS, vengono giustificate dallo stesso “a causa di problemi famigliari e lavorativi” proprio quando avrebbe invece dovuto iniziare ad adempiere al suo lavoro di ADS.

Io e il mio avvocato tuttavia, non sappiamo nulla delle dimissioni dell’ADS ad ottobre 2019 infatti veniamo informati dallo stesso ADS che il giudice tutelare, fisserà un udienza per decidere il da farsi in merito al trasferimento ma ciò non corrisponde al vero. Solo dopo un accesso del mio avvocato al fascicolo cartaceo in cancelleria a dicembre 2019 (nel fascicolo telematico non vengono spesso riportati gli allegati in PDF dei provvedimenti e comunicazioni del GT e ADS), scopriamo che l’ADS si è dimesso, che il giudice non ha mai voluto fissare un’udienza e che soprattutto lo stesso ADS, come da richiesta specifica del giudice, comunica a quest’ultimo di “non essere a conoscenza di alcun eventuale percorso psicoterapeutico post trasferimento” quando invece aveva in mano ben 3 relazioni mediche dei nostri professionisti privati nelle quali si spiegava appunto, la loro futura presa in carico di mio fratello e cosa avrebbero fatto dal punto di vista farmacologico, psico-sociale, lavorativo, famigliare. Inoltre lo stesso ADS, aveva conosciuto di persona lo psichiatra privato su richiesta del sottoscritto in occasione di un meeting richiesto da me, direttamente in CPS. Inoltre, conosceva perfettamente cosa aveva fatto anche lo psicologo privato e cosa avrebbe fatto post trasferimento.

Accedendo a dicembre 2019 al fascicolo cartaceo, scopriamo che il giudice nel frattempo, nomina un nuovo amministratore di sostegno (un avvocato), il tutto a insaputa del sottoscritto, del mio avvocato e di mio fratello. Il nuovo ADS, diviene effettivamente operativo solo dopo i giorni seguenti l’epifania 2020. Nel frattempo, chiede al tribunale un preventivo di rimborso di equo indennizzo di 800€ per l’anno 2019, cifra a parere del sottoscritto spropositata in quanto lo stesso ADS, non aveva nemmeno ancora gli accessi al c/c dell’amministrato, gestito ancora a tutti gli effetti, dal precedente dimissionario ADS, né aveva gestito minimamente alcun aspetto burocratico da adempiere ne confronti di mio fratello tale da giustificare per l’anno 2019, una richiesta di tale portata.

Con il mio avvocato, continuiamo a fare istanze su istanze, sia per chiedere urgentemente udienza sia per mettere in rilievo i fatti trascorsi incongruenti con quanto comunicato dagli ADS ma il tribunale non risponde alle nostre richieste di riceverci a udienza né approfondisce il lavoro svolto dagli ADS offrendoci un contraddittorio, né approfondendo la situazione in ambito sanitario in relazione a CPS, medici privati e famigliari. I rapporti avvengono sostanzialmente fra tribunale, ADS e CPS.

Arriviamo ai primi giorni di febbraio 2020, pochi giorni prima che scoppiasse ufficialmente la pandemia covid-19 il Italia con le prime restrizioni sociali/sanitarie. Da evidenziare che nel corso dell’anno precedente, nel 2019, si erano inoltre verificati dei fatti spiacevoli tra la badante di mio fratello (assunta per cucinare e pulire casa 3 ore al giorno). Fatti riguardanti non solo puramente il modo di gestire la casa da parte della signora ma anche dei rapporti tra la badante e mio fratello, palesemente a parere del sottoscritto, nel condizionarlo psicologicamente per evitare di trasferirsi (salvaguardando così il suo posto di lavoro). Il sottoscritto nel 2019 e 2020, segnala al tribunale e agli ADS, l’urgenza di sostituire quella persona ma anche in questo caso, sia il tribunale sia gli ADS, ritengono le nostre richieste infondate e di poco conto pur avendole dimostrate come reali, nei fatti, con tanto di prove fotografiche. Propongo così a mio fratello i primi giorni di febbraio, di trasferirsi a casa nostra per una prova di convivenza dato che né il tribunale, né gli ADS, né il CPS, né la badante agevolano in alcun modo questo passaggio. Decisione volta a dare un segnale forte al tribunale, per farmi ricevere almeno in udienza dal GT ed anche per salvaguardare mio fratello dalla situazione che si era creata a casa sua con la badante, in evidenti rapporti di fiducia con l’ADS.

Mio fratello il giorno stesso della proposta, si trasferisce da noi. Per questo trasferimento, il GT segnala prontamente alla Procura della Repubblica questo fatto per accertare eventuali provvedimenti di penale rilevanza nei miei confronti. Il motivo di questo provvedimento da parte del giudice risulta agli atti come “un trasferimento coercitivo e illegittimo su iniziativa del fratello in quanto il CPS dichiara nell’ultima relazione clinica che, nel caso mio fratello si trasferisse dal sottoscritto, potrebbe avere potenzialmente rilevanti scompensi psichici per fobie da allontanamento dal suo abituale luogo di residenza” aspetto ampiamente non veritiero in quanto nel corso del 2019, mio fratello ha frequentato e conosciuto spesse volte, la città e la residenza dove vivo, come già descritto addietro in questo documento.

Tale provvedimento del GT ci perviene pochi giorni l’inizio della convivenza provvisoria (bilocale condominiale). A quel punto, capisco che non ci sono più speranze per un futuro definitivo trasferimento di mio fratello né per una possibile futura dismissione graduale delle terapie farmacologiche come era in progetto di fare al trasferimento, a determinate condizioni, con i medici privati. Propongo quindi di sfruttare tale situazione di trasferimento temporanea, per iniziare in autonomia con mio fratello, a ridurre gradualmente le terapie farmacologiche.

Dismissione parziale che avverrà per un totale del 50% circa rispetto le quantità della terapia abituale, nel corso dei 3 mesi di convivenza, durante i quali mio fratello non solo migliora in modo evidente la sua situazione psico-emotiva ma anche fisica (registro a tal proposito, diversi video di vita quotidiana facendoli visionare anche all’ADS). Difatti mio fratello, fino ad una settimana prima del suo rientro a casa dei genitori, dopo 3 mesi di convivenza, diventa anche completamente autonomo in alcuni spostamenti, senza il supporto della mia presenza.

Tuttavia dopo 3 mesi di convivenza, mio fratello mi comunica di voler rientrare a casa sua in quanto preferirebbe come giusto e normale che sia, avere una casa sua e degli spazi tutti suoi in quanto non riesce ad adattarsi ad alcune situazioni di convivenza con la mia compagna, di condivisione degli spazi comuni (non ha una sua camera da letto, dorme sul divano letto in sala), routine e situazione di vita che mai aveva affrontato prima, se non con il sottoscritto.

Anche in questi 3 mesi, il GT richiede all’ADS di relazionare in merito alla situazione di convivenza ma l’ADS non effettua addirittura alcuna telefonata al suo amministrato di sua iniziativa. Anzi… gli unici 3 contatti telefonici tra l’amministrato e l’ADS avvengono su iniziativa di mio fratello, per richiedere la ricarica della tessera ricaricabile.

Una volta che mio fratello torna a casa sua, lo sento telefonicamente nei 3 giorni seguenti e vado a trovarlo anche una volta per sincerarmi che stesse bene, cosa che a tutti gli effetti noto rilevando che non ci sono particolari problemi di ansia.

8 giorni dopo tuttavia, vengo a conoscenza che mio fratello richiede all’ADS che vuole assolutamente trasferirsi in quanto si trova a disagio nell’essere rientrato a casa sua e alla fine, riferisce di trovarsi meglio in compagnia del sottoscritto.

L’ADS ne prende atto, lo comunica al GT. Due giorni dopo, interviene a domicilio la psichiatra del CPS e mi riferisce telefonicamente che mio fratello è in uno stato di forte ansia. Gli viene ripristinata quasi la totalità delle terapie dismesse parzialmente durante la convivenza, tutte in una volta sola.

La badante, continua a recarsi al domicilio di mio fratello ed il suo posto di lavoro, è stato mantenuto nel corso dei 3 mesi di convivenza a casa del sottoscritto.

Da evidenziare quanto segue, in riferimento all’ADS

Se dovessi riassumere le criticità degli ADS con i quali sono venuto a contatto:

– non pagavano le utenze della casa intestata a A. o lo facevano sempre in ritardo rischiando la chiusura di luce/gas dell’appartamento

– non hanno mai rimborsato la zia che abita sotto casa di A. e che anticipava le somme dovute da mio fratello per il giardino, fognatura, luce comune, acqua comune

– al sottoscritto, non hanno mai rimborsato diverse spese, nonostante fossero di totale competenza di A.; mi è stato riconosciuto dopo oltre 1 anno solo un parziale rimborso

– Il tribunale ha imposto la tessera ricaricabile ad Andrea, con ricariche di circa 250/300 euro. Mio fratello ha sempre avuto il suo bancomat personale senza alcuna limitazione, ed è stato sempre autonomo in tal senso, e non ha mai creato problemi dimostrandosi sempre cauto nelle spese. Non capisco perché abbiano applicato questa misura con lui.

– Il secondo ADS, così come il primo, non risponde mai alle mie e-mail su argomenti che mi riguardano direttamente avendo in comunione immobili e adempimenti burocratici, spesso da risolvere urgentemente

– Il tribunale non fa alcun commento né accenno alle relazioni dei medici privati ma fa unicamente e sempre riferimento, alle relazioni cliniche del CPS che mai hanno agevolato il mio interesse fraterno per A.

– Nel fascicolo telematico, risultano approvate dal GT 3 atti di straordinaria amministrazione tra cui il benestare per la vendita della casa sfitta in condizioni vetuste, ma io non ho avuto comunicazione di questo da nessuno, nemmeno da parte dell’ADS

– Tutti gli ADS non si sono mai interessati ai pareri medici dei professionisti privati, privilegiando di fatto le relazioni cliniche del pubblico

– Tutti gli ADS sono risultati palesemente impreparati nel gestire un amministrato con diagnosi psichiatrica, adottando provvedimenti e iniziative non previste nei loro decreti di nomina.

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